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Correlazioni in Medicina



Terapia della degenerazione maculare senile


L’angiogenesi patologica è la più diffusa causa di cecità nel mondo industrializzato.
Tra le malattie con eziologia angiogenetica della retina le più diffuse nei paesi occidentali sono la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare correlata all’età ( ARMD, Age-Related Macular Degeneration ).
In quest’ultima condizione patologica, la neovascolarizzazione avviene nella coroide e nelle forme più gravi, che sono causa maggiore di cecità nei soggetti sopra i 64 anni, si sviluppano microemorragie derivate dalla formazione di nuovi vasi sanguigni che portano alla perdita della vista.
La proteina angiogenetica VEGF (Vascular En-dothelial Growth Factor ) è marcatamente aumentata nella degenerazione maculare associata all'età e può essere uno dei principali mediatori della malattia.

La degenerazione maculare senile ha due caratteristiche morfologiche diverse: la forma secca ( atrofica ), che è la più comune, e la forma umida ( neovascolare o essudativa ), che è quella più rara, ma con la maggiore incidenza di cecità. È proprio su quest’ultima che si concentrano le terapie con i nuovi farmaci e con gli altri interventi non farmacologici.
Per la forma più comune, invece, sono disponibili poche opzioni terapeutiche.

Terapia della forma secca di ARMD

• Antiossidanti e Zinco

Lo studio AREDS ha coinvolto 3640 soggetti, tra i 55 e gli 80 anni, i quali sono stati suddivisi in 4 gruppi: pazienti senza ARMD, con ARMD media o borderline, con degenerazione maculare associata all'età forma moderata o avanzata.
I pazienti sono stati assegnati in modo random ad altrettanti gruppi di trattamento: antiossidanti ( 500 mg di Vitamina C, 400 UI Vitamina E, 15 mg di Beta-carotene ); 80 mg di Zinco sotto forma di ossido di Zinco e 2 mg di ossido di Rame; antiossidanti più Zinco; o placebo.
Dopo un periodo osservazionale medio medio di 6,3 anni, sono stati osservati i seguenti risultati: i pazienti senza o con ARMD media/borderline non hanno avuto benefici dal trattamento antiossidante e/o della supplementazione di Zinco, i pazienti con ARMD moderata e avanzata presentavano una diminuzione del rischio di progressione della malattia e della perdita di acuità visiva se avevano assunto antiossidanti e Zinco rispetto al placebo per 7 anni ( 35,7% vs 26,7%, OR 0,66 ).
Inoltre, questi 2 gruppi hanno evidenziato una riduzione del rischio anche quando veniva assunto soltanto lo Zinco ( OR 0,71 ).
In particolare i pazienti affetti da ARMD secca generalizzata o con atrofia non centrale in uno o entrambi gli occhi hanno beneficiato del trattamento.

In base ai dati dello studio AREDS sarebbe necessario trattare 11 pazienti per 7 anni con la supplementazione di antiossidanti e Zinco per prevenire la progressione della malattia in 1 di loro.
A fronte di questi dati di efficacia, va sottolineato che la supplementazione di antiossidanti ad alti dosaggi sembra associata ad un significativo aumento del profilo di rischio: la terapia con Beta-carotene, secondo diversi studi, può essere associata ad aumento dei tumori al polmone e ad un possibile aumento del rischio di malattie cardiovascolari, mentre la Vitamina E ad un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare e di attacco cardiaco.

Non ci sono farmaci autorizzati per quest’impiego che è quindi limitato ad alcuni supplementi dietetici.

• Laser

Alcuni studi hanno valutato l’efficacia della terapia laser in persone con alto rischio di ARMD secca allo scopo di prevenirne la progressione.
I primi studi randomizzati hanno osservato che la terapia con il laser producesse piccoli miglioramenti nell’acuità visiva; tuttavia uno di questi studi ha evidenziato un aumento del rischio di neovascolarizzazione negli occhi trattati.
Due recenti studi randomizzati sono stati interrotti a causa di un aumento del grado di neovascolarizzazione.
Un ulteriore studio ha dimostrato che la terapia laser non determina alcun beneficio in pazienti con ARMD.

Terapia della forma umida di ARMD

• Inibitori della proteina VEGF

Il VEGF è un potente fattore mitogeno e di permeabilità vascolare, e gioca un ruolo importante nella neovascolarizzazione. Per questo motivo sono stati studiati diversi farmaci con attività anti-VEGF al fine di contrastare gli effetti negativi della neovascolarizzazione nelle membrane coroidali.

• Ranibizumab

In uno studio multicentrico denominato MARINA, della durata di 2 anni, 716 pazienti con ARMD con neovascolarizzazione coroidale classica o occulta sono stati assegnati a ricevere in modo randomizzato 24 iniezioni intravitreali con cadenza mensile di Ranibizumab ( Lucentis; a dosaggi di 0,3 mg oppure 0,5 mg ) verso placebo.
L’end point primario era rappresentato dalla minore perdita di acuità visiva ( meno di 15 lettere di acuità visiva nel periodo compreso tra il basale ed 1 anno ).
Dopo 12 mesi, il 94,5% dei pazienti ai quali erano stati somministrati 0,3 mg di Ranibizumab ed il 94,6% di quelli trattati con 0,5 mg avevano perso meno di 15 lettere, rispetto al 62,2% dei pa-zienti che avevano ricevuto placebo ( p < 0,001 per entrambi i confronti ).
L’acuità visiva risultava migliorata di 15 o più lettere nel 24,8% del gruppo trattato con 0,3 mg di Ranibizumab, e nel 33,8% del gruppo in trattamento con 0,5 mg di farmaco, contro il 5% del gruppo placebo ( p < 0,001 per entrambi i dosaggi ).
Gli aumenti medi nell’acuità visiva sono stati di 6,5 lettere nel gruppo Ranibizumab a 0,3 mg, di 7,2 lettere nel gruppo a 0,5 mg, contro una riduzione di 10,4 lettere nel gruppo placebo ( p < 0,001 per entrambi i confronti ).
I benefici nell’acuità visiva sono stati mantenuti a 24 mesi.
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, nel corso dello studio ci sono stati 5 casi ( 1% ) di presunta endoftalmite e 6 casi ( 1,3% ) di uveite, tra i pazienti trattati con Ranibizumab.
I risultati dello studio hanno mostrato che la somministrazione intravitreale di Ranibizumab per 2 anni previene la perdita della visione e migliora l’acuità visiva media nei pazienti con neovascolarizzazione coroidale classica o occulta, associata alla ARMD.

Nello studio ANCHOR, 423 pazienti con ARMD umida sono stati randomizzati al trattamento con Ranibizumab alla dose di 0,3 mg o 0,5 mg verso placebo, più terapia fotodinamica con Verteporfina.
Il 94,3% dei pazienti trattati con 0,3 mg di Ranibizumab ed il 96,4% di quelli con dosaggio da 0,5 mg hanno perso meno di 15 lettere verso il 64,3% di quelli trattati con Verteporfina ( p < 0,001 per entrambi i confronti ).
L’acuità visiva è migliorata di 15 lettere o più nel 35,7% del gruppo con 0,3 mg di farmaco e nel 40,3% del gruppo con dosaggio pari a 0,5 mg verso il 5,6% del gruppo trattato con Verteporfina ( p < 0,001 per entrambi i confronti ).
In media, l’acuità visiva è aumentata di 8,5 lettere nel gruppo con 0,3 mg di Ranibizumab e di 11,3 lettere in quello con 0,5 mg verso una perdita di 9,5 lettere per il gruppo trattato con Verteporfina ( p < 0,001 per entrambi i confronti ).<
L’Agenzia Italiana del Farmaco ( AIFA ) ha approvato la commercializzazione di Lucentis in classe C/OSP1 a causa del rapporto sfavorevole costo/beneficio.

• Bevacizumab

Nonostante non ci siano ancora studi clinici randomizzati sull’uso del Bevacizumab ( Avastin ) in questa patologia, esiste una documentata esperienza clinica del farmaco in regime off-label sotto forma di iniezioni intravitreali.
Il Bevacizumab, un anticorpo direttamente correlato al Ranibizumab, è commercializzato anche in Italia ed è autorizzato per il trattamento del tumore colorettale e del tumore mammario metastatico. Il Ranibizumab è un frammento anticorpale del Bevacizumab, con alcune modifiche nella sequenza aminoacidica. che ne aumentano il legame al VEGF.
In uno studio prospettico condotto su 17 pazienti con ARMD umida è stato utilizzato il trattamento con Bevacizumab ( 2,5 mg in 0,1 ml di Bevacizumab intravitreale ogni 4 settimane per un totale di 3 iniezioni ) ed è stato osservato un miglioramento dell’acuità visiva nella maggior parte dei pazienti.
Il trattamento con Bevacizumab intravitreale è decisamente meno costoso ( 20-25 euro a iniezione ) in confronto al trattamento con Ranibizumab ( 2019 euro a iniezione ) e in confronto a Pegaptanib ( 550 euro a iniezione ).

La Commissione Tecnico-Scientifica ( CTS ) dell’AIFA, su richiesta della Società Oftalmologica Italiana, ha inserito il Bevacizumab nella legge 648/96 per l’indicazione: trattamento delle maculopatie essudative e del glaucoma neo-vascolare.
In questo modo l’impiego del Bevacizumab è a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale ( SSN ) per quest’indicazione, con monitoraggio sia a livello clinico che di spesa.

• Pegaptanib

Il Pegaptanib ( Macugen ) è un aptamero, vale a dire una piccola porzione di RNA sintetico, con affinità specifica per alcune porzioni della proteina angiogenetica VEGF.
Il Pegaptanib sembra rallentare la progressione di ARMD.
In un’analisi combinata di 2 studi paralleli, randomizzati, controllati, multicentrici, che hanno usato gli stessi criteri di inclusione ( per un totale di 1186 pazienti ), è stata osservata una risposta clinica favorevole, ma non correlata alla dose.
Lo studio ha valutato l’efficacia del Pegaptanib a diversi dosaggi ( 0,3 mg, 1 mg e 3 mg ) verso iniezioni simulate.
I risultati più significativi si sono osservati con le dosi più basse di Pegaptanib intravitreale.
Nel gruppo a cui è stato somministrato Pegaptanib al dosaggio di 0,3 mg, il 70% dei pazienti ha perso meno di 15 lettere di acuità visiva, confrontato con il 55% dei controlli, ( p < 0,001 ).
Molti pazienti che hanno ricevuto la dose più bassa di Pegaptanib confrontanti con iniezioni simulate hanno conservato o migliorato l’acuità visiva ( 33% verso 23%; p = 0,003 ). Dopo 6 settimane di trattamento, la media di acuità visiva nei pazienti trattati con 0,3 mg di Pegaptanib era migliorata rispetto ai pazienti trattati con le simulazioni ( p < 0,002 ).
Durante lo studio si sono osservate reazioni avverse quali: endoftalmiti ( 1,3 % dei pazienti ), danno traumatico della cornea ( 0,7 % ), distacco di retina ( 0,6 % ). Queste reazioni hanno causato perdita dell’acuità visiva.
Il Pegaptanib sembra una terapia efficace nel ridurre la progressione della ARMD, ma la sua sicurezza d’uso nel lungo periodo non è ancora definita.
L’AIFA ha approvato la commercializzazione del Pegaptanib in Italia in classe C/OSP1 per sfavorevole rapporto costo/beneficio.

• Fotocoagulazione termica con laser

Numerosi ed ampi studi randomizzati e controllati, sono stati condotti per studiare questa tecnica di fotocoagulazione.
E’ stato osservato un rallentamento della diminuzione dell’acuità visiva ed il mantenimento della sensibilità al contrasto nei pazienti con membrane neovascolarizzate a livello coroidale iuxtafoveale.
Non sono mancati però gli effetti collaterali; tra i più frequenti la presenza di scotomi nell’area d’intervento. Inoltre, in alcuni studi sono stati registrati alcuni casi di anopsia acuta.
Oltre al discutibile profilo di tollerabilità, il limite maggiore dell’utilizzo di tale intervento è rappre-sentato dalla sua applicabilità, limitata ai pazienti con una ben definita neovascolarizzazione. Questa condizione si osserva infatti in solo il 15% dei pazienti affetti da ARMD umida.

• Terapia fotodinamica con Verteporfina

Un’altra tecnica usata è la terapia fotodinamica che si associa alle iniezioni di Verteporfina ( Visudyne ), un sensibilizzatore alla luce laser.
In un’analisi ad interim di 2 studi clinici controllati e randomizzati con 609 pazienti, l’uso di questa tecnica ha comportato una riduzione significativa del valore di perdita della vista dopo un anno di follow-up rispetto al placebo.
L’analisi per sottogruppi ha evidenziato che la significatività dell’effetto era limitata ai pazienti con neovascolarizzazione ben definita; effetti non statisticamente significativi sono, invece, stati osservati nei pazienti affetti da neovascolarizzazione occulta.
La Verteporfina in Italia è registrata in Italia in classe H.

• Triamcinolone e Anecortave

Uno studio non controllato con iniezioni intravitreali di Triamcinolone ( 25 mg ) ha evidenziato miglioramenti visivi a breve termine in 2/3 degli occhi trattati.
Questi risultati devono però essere confermati da studi clinici randomizzati e controllati.
Uno studio randomizzato e controllato di 530 pazienti con neovascolarizzazione subfoveale coroidale classica ha valutato l’effetto di Anecortave acetato, un cortisone angiogenetico, versus la terapia fotodinamica.
Lo studio ha evidenziato percentuali simili nel mantenimento dell’acuità visiva ( 45 versus 49% ).
Nel marzo del 2006 la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio in Europa, della specialità contenente Anecortave, è stata volontariamente ritirata dall’azienda farmaceutica.
Il Comitato Europeo per la Valutazione dei Medicinali per uso Umano ( CHMP ), al momento del ritiro, aveva espresso alcune perplessità sui benefici apportati dal farmaco e sui rischi identificati.

Fonte: Bollettino d’Informazione sui Farmaci, 2007

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